Lean Thinking e cultura della qualità: il dott. Pigozzo ci racconta il futuro di Alpac verso il miglioramento continuo
Alpac adotta il Lean Thinking come pilastro strategico per garantire maggiore qualità ed efficienza, accompagnando i professionisti dalla progettazione alla posa in cantiere. Grazie a questo approccio si minimizza lo spreco e si massimizzano i risultati. Leggi l’intervista per approfondire.
Intervista al dott. Pigozzo, Lean & Quality Manager, LSS Black Belt
Dott. Pigozzo, ci spiega cos’è il Lean Thinking?
Il Lean Thinking è una filosofia organizzativa e gestionale nata in Toyota. Il suo obiettivo è creare valore per il cliente riducendo al minimo ogni forma di spreco. In una battuta? “Far di più con meno, grazie alle persone”.
L’intuizione fu di rendere evidente a tutta l’organizzazione la necessità di un cambiamento. Negli anni ’50, in piena crisi postbellica, i giapponesi non potevano competere con i giganti dell’automobile. Così escogitarono un nuovo approccio che permetteva di produrre automobili di alta qualità, a basso costo, con tempi di attraversamento ridotti e molta flessibilità. Queste nuove pratiche portarono Toyota a diventare leader mondiale nel campo dell’automotive. Funzionava così bene che venne estesa anche al di là della produzione! Oggi, la Lean è utilizzata in svariati settori e in tutte le funzioni aziendali. Da qui, Lean Thinking.
Mi può fare degli esempi di questa innovazione Lean?
Toyota ha sfatato dei miti. Ha dimostrato che si può ottenere produttività, non solo attraverso economie di scala e con tecnologia avanzata, ma anche con scorte ridotte e tecnologia semplice. Si fa introducendo la lavorazione “un pezzo alla volta” anziché per lotti e coinvolgendo attivamente le persone. Negli anni ‘80, il MIT finanziò una poderosa ricerca per misurare le prestazioni dei produttori di automobili e Toyota era al top. Solo nel 1988 fu coniato il termine “Lean” dagli americani che teorizzarono e codificarono questa filosofia.
Pensi: chi faceva Lean in Toyota non sapeva di fare Lean, “era Lean”! Per questo è una strategia operativa di cui non esiste una definizione univoca.
Ma perché si chiama proprio Lean?
“Lean” significa snello, in contrapposizione ai sistemi di produzione di massa. In realtà, il primo termine fu “fragile” perché doveva far emergere le fragilità del sistema. Immagini una nave che naviga con gli scogli nascosti dall’alta marea. Tutto bene, fino a quando viene la bassa marea e la nave si incaglia. La marea è il livello delle scorte (o, volendo, del fatturato stesso): se si abbassano le scorte, cominciano i guai. A questo punto, si può alzare l’acqua e annegare gli sprechi. Oppure, si possono adottare sistemi snelli per evitarli, controllando “a vista”.
Per me, fare Lean significa esserlo, almeno in parte, anche fuori dall’azienda. È una postura mentale. Da appassionato di montagna, essere “Lean” durante la scalata mi porta a concentrarmi sull’essenziale, ad abbandonare il superfluo che peserebbe inutilmente. Bisogna essere coscienti dei propri limiti per evitare di mancare l’appiglio; così come è fondamentale ascoltare il compagno di cordata, chiedendo e dando continui feedback anche per motivi di sicurezza.
Lo sa? Ho portato queste tecniche anche in casa. Quando ho iniziato a gestire la dispensa con il metodo Kanban, che prevede di reintegrare le scorte mano a mano che vengono consumate, la reazione di mia moglie non è stata così entusiasta. Alla fine, coinvolgendola e usando persuasione e ascolto… ha avuto ragione lei!
Perché il gruppo ALPAC sta adottando il Lean Thinking? Come si sposa tutto questo alla mission di affiancare progettisti e imprese nella realizzazione di edifici energeticamente efficienti e sostenibili?
ALPAC accompagna i professionisti dalla prima formulazione del progetto del monoblocco coibentato fino alla posa in cantiere, pianificando le consegne in funzione degli stadi di avanzamento del cantiere. Questi sistemi impattano sul comfort abitativo grazie all’isolamento termoacustico e la riduzione della dispersione termica, oltre a snellire l’integrazione di impianti.
L’adozione dell’approccio Lean in ALPAC si concentra non solo su qual è il valore che il cliente si aspetta dai nostri prodotti e servizi, ma anche come è possibile aumentarlo costantemente eliminando tutte le attività per cui il cliente non è disposto a pagare. L’impegno dell’azienda è fondamentale per il successo della Lean Transformation e ben radicato in ALPAC. Il nostro slogan fino al 2019 “Lean to Lead” e la partecipazione dell’Amministratore Delegato e di altre funzioni aziendali al Lean Day annuale della Business School CUOA testimoniano questo impegno e la volontà di essere sempre aggiornati sulle nuove frontiere della Lean.
La filosofia “Lean Thinking“, sinonimo di efficienza e riduzione degli sprechi, ha una validità intrinseca: il risparmio genera redditività, competitività, aziona meccanismi di rinforzo all’interno dell’azienda e libera risorse per altri obiettivi.
Quindi, come si applica il Lean Thinking, il pensiero snello in ALPAC?
Il Lean Thinking in ALPAC rovescia la tradizionale rappresentazione aziendale gerarchica, focalizzandosi sui processi orizzontali che attraversano le varie funzioni.
Per massimizzare l’efficacia di questa visione, sono stati individuati circa 40 “alfieri”, agenti del cambiamento provenienti da reparti produttivi e uffici. Sono il cuore pulsante di questa visione basata sulla leadership distribuita. Lo slogan “Better together” riassume questo approccio: “meglio farlo assieme”, ma anche “il miglioramento va fatto assieme”.
Perché nello stesso ufficio si lavora sia alla funzione Lean che a quella della Qualità?
“Ogni problema è un’opportunità di miglioramento”, questo il mantra che unisce Qualità e Lean, seguendo l’esempio di Toyota che ha fatto delle fragilità, una risorsa. In ALPAC, ogni segnalazione o non conformità è interpretata come occasione di miglioramento su cui agisce la Lean.
Nel 2024, è stato introdotto un nuovo software per la gestione della qualità (QMS) che ha cambiato i paradigmi nella gestione delle non conformità. Ogni attore dell’universo ALPAC è chiamato a far emergere gli sprechi, secondo una logica cliente-fornitore. Non solo i 40 alfieri interni, ma anche gli agenti della forza vendita, i montatori della cantieristica e i fornitori. Il risultato è stato dirompente con circa 4.500 segnalazioni in 10 mesi. Siamo stati invitati a raccontare questo nuovo approccio all’evento nazionale Blulink per le novità del sistema qualità. È un progetto che ha come obiettivo la risoluzione delle criticità in team, con modalità e strumenti quali-quantitativi chiari e condivisi.
La Lean diviene poi “grillo parlante” della qualità, promuovendo una revisione continua degli standard presenti nella ISO9001 (siamo certificati dal 2010). Un approccio che mira alla “standardizzazione dinamica” promossa dal guru Lean Taiichi Ohno; gli standard divengono così patrimonio aziendale vivo da sottoporre a miglioramento continuo e non pura burocrazia, come talvolta accade.
Ci racconta un caso in cui avete intrecciato entrambe le funzioni?
Il progetto “Cultura della qualità e del Kaizen” di ALPAC mira a creare un ecosistema in cui le persone si sentano a proprio agio nel promuovere il miglioramento continuo. Cambia tutto se il miglioramento è l’esito di una mentalità diffusa, piuttosto che il risultato di un colpo di genio di poche persone. Insomma, non si può fischiettare una sintonia! Ci vuole un’intera orchestra per riprodurla. Da percussionista per passione, mi trovo a farlo in qualche modo anche in azienda: detto il ritmo, il “takt-time” nel gergo Lean; quel target che indica il ritmo di produzione da mantenere.
Un ecosistema poi garantisce al sistema di auto-regolarsi, evolvere e fondere approcci, comportamenti e attori diversi. Non solo Lean e Qualità, ma nuove pratiche collaborative.
Vede, quando il contesto è imprevedibile, incerto e veloce, fare miglioramento richiede flessibilità e innovazione.
Il nostro progetto prevede la formazione degli “alfieri” per promuovere un metodo che elimini le inefficienze dei processi, integrando strumenti tecnologici solo dopo aver eliminato gli sprechi. Si punta a migliorare gli strumenti di monitoraggio utili in incontri di revisione frequenti e agili. Si introducono meccanismi di escalation rapidi e protocolli di comunicazione continua, sfruttando algoritmi che aiutano a misurare il livello di efficienza degli alfieri nella gestione delle criticità. Si migliorano le interazioni, preservando momenti di collaborazione face-to-face, sempre con un focus sulle priorità evidenziate dai dati. Non da ultimo, si vuole migliorare il benessere: non solo quello abitativo per i nostri clienti, ma anche in azienda. L’obiettivo è di trasformare i processi aziendali, rendendoli più efficaci e meno invasivi. Non solo migliorare i risultati operativi e di risparmio, quindi, ma generare un impatto positivo sull’intera architettura aziendale.
Se ne parla tanto, ma forse non è chiaro a tutti. Cosa è il kaizen?
Kaizen è un termine giapponese traducibile con “miglioramento continuo”. Immagini che oggi io sia in grado di fare 10 flessioni al giorno. Se ogni giorno, per un anno, mi impegnassi a migliorare le prestazioni dell’1% rispetto al giorno precedente, riuscirei a raggiungere le 378 flessioni; aumenterei così la mia performance di quasi 38 volte.
Il Kaizen si basa su questa idea: che il miglioramento sia un processo continuo e graduale. In ALPAC, il kaizen è un progetto ambizioso, già avviato nella fase pilota e caratterizzato da linguaggio, pratiche e obiettivi condivisi. A regime, tutti gli uffici e i reparti produttivi si incontreranno per fare attività di miglioramento per un totale di oltre 1200 incontri/anno. Poche domande comuni, ripetute e condivise a cui rispondere facendosi guidare dai dati e innescando piccoli miglioramenti con risparmi quantificabili. Per un totale di 93.000 domande riproposte durante l’anno.
La sfida è di mantenerlo nel tempo; infatti, l’effetto moltiplicatore di questo principio matematico vale però sia per le buone, sia per le cattive abitudini.
Qual è il valore aggiunto della “Lean Quality” per chi sceglie il monoblocco coibentato ALPAC?
“Lean Quality” per ALPAC significa leve innovative per poter essere competitivi nel mercato di oggi. Interessa due fronti: la riduzione degli sprechi libera risorse da investire in attività a valore per il cliente. È una situazione win-win: aumentano i profitti dell’azienda e aumenta il valore trasferito al cliente.
Non è comune nel nostro settore di riferimento disporre di un ufficio così strutturato; questo è un vantaggio competitivo non da poco. ALPAC è leader di mercato anche perché attenta alle esigenze del cliente: lavora su commessa con prodotti su misura. I monoblocchi coibentati sono studiati su specifiche dei clienti, legate ad applicazioni che hanno una probabilità molto bassa di ripresentarsi esattamente uguali in futuro. Un prodotto del genere può comportare alcune criticità gestionali, come la sincronizzazione delle varie funzioni. Il rischio è di generare l’effetto “colpo di frusta” con ripercussioni amplificate sull’intera catena del valore. La presenza di “Lean Quality” ha l’obiettivo di anticipare o mitigare queste variazioni, agendo in maniera mirata e, ove possibile, preventiva. Non conosco player del settore che investano in risorse e strutture organizzative del genere.
Parliamo di futuro. Pensate di strutturare o ampliare la funzione “Lean and Quality” in futuro?
L’ufficio, presente da molti anni in ALPAC, sta vivendo una fase di espansione; questo anche in risposta all’importante trend di crescita dell’organizzazione. Siamo quindi alla ricerca attiva di nuovi colleghi ambosessi appassionati e competenti.
Lavorerete anche al miglioramento continuo dei processi interni transazionali?
Sì, certo. Gli obiettivi della roadmap sono sfidanti, ma siamo già partiti.
Lei è LSS Black Belt, ci racconta cos’è un Lean Six Sigma Black Belt?
Il Six Sigma, nato in Motorola e trasformato da General Electric in un programma di qualità totale, dimostrò che migliorare la qualità non significava aumentare i costi, ma ridurli. Raggiungere 6 sigma significa avere solo 3,4 parti difettose per milione. Il Lean Six Sigma combina i benefici delle due maggiori filosofie di miglioramento, con la riduzione degli sprechi (Lean) e della variabilità (Six Sigma).
Il LSS Black Belt è il livello più alto di una certificazione internazionale che prevede il superamento di una parte teorica e la presentazione di un business case. Dopo studi sul Project Management e sulla Lean, ho voluto specializzarmi nel mondo Six Sigma, certificandomi Black Belt nel 2020.
Lei si è laureato in Filosofia: in che modo i suoi studi la sostengono nella sua professione?
La mia formazione in Fisica e poi Filosofia ha forse delle similitudini con la mia professione. Scherzosamente, le direi: saper unire i puntini. Immaginare cioè la via più breve, elegante e logica tra più punti.
In che maniera mi sostengono? Direi un “non sostegno”. Lo studio mi ha aiutato a superare il contenuto del sapere, a mettere in discussione quelle poche certezze raggiunte. Così nella Lean si deve saper porre le domande corrette e non tanto dare risposte, mettendo in discussione l’ovvio, il famoso “abbiamo sempre fatto così”.
Cosa significa POKA-YOKE?
“Poka Yoke”, un fondamento del Lean Thinking, significa “evitare l’errore” o “a prova di scimmia”. Piccoli errori possono avere conseguenze di portata inaspettatamente ampia. Ad esempio, confondere lo zucchero con il sale nel caffè o un semplice zero di troppo. Una logica Poka Yoke aiuta ad evitare l’errore. Un esempio sono le pistole per l’erogazione della benzina più piccole rispetto alle pistole per l’erogazione del gasolio. Il poka yoke sta alla base dei controlli automatici di tanti dati che vengono inseriti sui siti o sui software, come la lunghezza di una stringa, ad esempio dei codici fiscali, o il suo formato, come per gli indirizzi email.
Sembra facile. Ma quant’è difficile semplificare la complessità!
Qual è la domanda che manca in quest’intervista? C’è qualcosa che le sta a cuore e ancora non le è stato chiesto?
Churchill diceva “Prima siamo noi a dare forma agli edifici, poi sono questi a dare forma a noi“. Questo rispecchia uno degli obiettivi di ALPAC: contribuire a costruire edifici d’eccellenza significa creare benessere in varie forme. Ci siamo posti così una domanda: come progettare in azienda il luogo dove far miglioramento? Siamo in fase di definizione, ma l’idea è di creare una “Obeya Room” che significa “grande stanza” o “stanza della guerra”. All’inizio degli anni Novanta, un ingegnere capo della Toyota ha affrontato la sfida di progettare un’auto con obiettivi di consumo di carburante molto aggressivi. In meno di tre anni, la prima auto ibrida (la Prius) è stata immessa sul mercato in anticipo rispetto alla concorrenza. Per realizzare una simile impresa, l’ingegnere inventò un nuovo approccio di sviluppo, una stanza caratterizzata dall’efficacia della gestione visiva. L’Obeya da allora si è diffuso in tutti gli uffici tecnici della Toyota.
Vogliamo chiudere in leggerezza? Ci racconta un episodio divertente o una domanda bizzarra che le è capitata nella sua vita professionale?
Spesso chiedo ai colleghi neo-assunti se sanno a che cosa serve la Lean. Una volta, tra le risposte più disparate, mi aveva colpito quella di un giovane collega: “La Lean serve per evadere dalla realtà, con euforia”. Al momento, ho pensato alle nuove frontiere del Lean Thinking. Poi, parlando, ho scoperto che la Lean è anche una droga e il collega non sapeva dell’esistenza, invece, del Lean Thinking. Insomma, non si finisce mai di imparare!