Il ruolo dell’indoor air quality per salute e benessere
Che aria tira?
Il ruolo dell’Indoor Air Quality per la salute ed il benessere di chi vive gli spazi indoor
L’inquinamento atmosferico è riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio ambientale per la salute umana. Studi dimostrano che in molte aree europee l’attesa di vita è ridotta di un anno a causa dell’inquinamento atmosferico e che il 90% della popolazione che vive in aree urbane è esposta a livelli non sicuri di inquinanti.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’Italia è il primo Paese in Europa per numero di decessi prematuri (80 mila/anno) dovuti all’inquinamento atmosferico.
L’emergenza riguarda in particolar modo le grandi aree urbane, dove è massima l’antropizzazione del territorio e dove è più elevata l’esposizione della popolazione agli inquinanti atmosferici, quali il particolato (PM10 e PM2,5), l’ozono e il biossido di azoto (NO2), riconosciuti come i maggiori responsabili degli effetti sulla salute umana. L’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dal titolo “Ambient Air Pollution: a global assessment of exposure and burden of disease”, pubblicato a settembre 2016, sottolinea la rilevanza dell’inquinamento atmosferico (outdoor e indoor) quale principale fattore di rischio ambientale per la salute della popolazione mondiale.
Poiché si stima che nei Paesi sviluppati la popolazione passi il 90% del proprio tempo in ambiente chiuso (case, uffici, scuole, ecc.), la qualità dell’aria negli ambienti indoor diventa cruciale per la salute e per il benessere. Permane tuttora nell’immaginario collettivo, l’idea che la qualità dell’aria che respiriamo è determinata da fattori esterni ai luoghi di vita.
La ventilazione come soluzione per la sindrome dell’edificio malato
L’attenzione della comunità scientifica sulle sorgenti interne si attiva con studi pioneristici negli anni ‘70 e trova un primo riconoscimento nel 1984 dacché l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce ‘Sindrome dell’Edificio Malato’ la combinazione di sintomi aspecifici manifestati dagli occupanti di edifici di nuova costruzione correlati al tempo trascorso nell’edificio stesso. Da allora gli studi si sono moltiplicati ma in Italia è solo dal 2016 che si è iniziato a parlare pubblicamente su larga scala del problema, quando SIMA, ha lanciato il decalogo sull’Indoor Air Quality (www.prevenzione.life/indoor-air/). Nel 2017, anche l’Istituto Superiore di Sanità ha presentato le sue linee guida e il Ministero della Salute ha dato vita ad uno specifico Dipartimento che si occupa di Indoor Air Quality.
Perché prevedere un impianto di ventilazione?
I principali inquinanti indoor con i quali veniamo ogni giorno in contatto sono:
Chimico-fisici
- Gas di combustione (NOx, SO2, CO – provenienti sia dall’esterno, sia generati internamente);
- Particolato atmosferico aero-disperso (proveniente sia dall’esterno, sia generato internamente, inclusa la polvere domestica e le particelle secondarie che si formano dai precursori gassosi, cioè i COV);
- Composti organici volatili COV (inclusi la formaldeide e le sostanze presenti nei prodotti per la pulizia della casa);
- Idrocarburi policiclici aromatici (IPA), generati principalmente da combustione di legna (caminetti, stufe);
- Fumo passivo da combustione di tabacco;
Biologici
- Batteri, virus, pollini, acari;
- Residui biologici;
- Composti allergenici.
Le conseguenze di eccesso di umidità e ventilazione inadeguata
Gli agenti biologici inquinanti negli spazi indoor sono molto eterogenei e comprendono pollini e spore delle piante, batteri, funghi, alghe e alcuni protozoi.
La loro presenza è ricollegabile a un eccesso di umidità e ad una ventilazione inadeguata. L’inquinamento dell’aria indoor da parte di agenti chimico-fisici e biologici ha effetti sul sistema respiratorio, provoca allergie e asma, disturbi a livello del sistema immunitario e ha inoltre effetti nocivi anche sul sistema cardiovascolare e sistema nervoso oltre che su cute e mucose esposte. Le attività umane in un ambiente indoor producono anche CO2, il cui eccesso è responsabile di episodi di sonnolenza (alle volte alunni svogliati sui banchi di scuola lo sono perché nell’aula non vi è il giusto ricambio d’aria). Secondo uno studio pubblicato dalla rivista Environmental Health Perspectives delle Università di Harvard e Syracuse, all’aumentare del tasso di CO2 in una stanza diminuiscono le performance cognitive. Ad essere colpite sono soprattutto le abilità di usare le informazioni, di rispondere alle crisi e di elaborare strategie.
Scarica la guida di confronto tra sistemi di ventilazione
Ventilazione e Covid-19
Infine, la convivenza con il Covid-19 richiede oggi ancor più di ripensare e riprogettare gli spazi al chiuso dove possono affollarsi più persone contemporaneamente. Garantire efficaci ricambi d’aria e aria purificata all’interno di aule scolastiche, asili, alberghi, uffici, bar e ristoranti, cinema e teatri è essenziale per contrastare i rischi di diffusione del contagio. Particelle di bioaerosol (droplet) inferiori a 10 micron prodotte mediante il semplice respirare, parlare, cantare, oltre che il tossire o starnutire, possono circolare in aria per ore in un locale chiuso dove non c’è un adeguato ricambio d’aria e se queste sono state emesse da soggetti positivi, ancorché asintomatici, possono, se inalate, dare luogo ad una infezione (vale per il Covid-19 come per la semplice influenza stagionale).
Il corretto ricambio d’aria in casa
Il ricambio dell’aria è un’operazione che consente di mantenere, all’interno degli edifici e degli spazi chiusi, livelli di benessere legati alla qualità dell’aria che viene respirata dagli occupanti.
Il deterioramento della qualità dell’aria all’interno di spazi chiusi dipende, come già descritto, da fattori esogeni (inquinamento esterno che filtra attraverso gli infissi e le aperture, infiltrazioni o risalite di gas radon proveniente dal sottosuolo, ecc.) o da fattori endogeni (Co2, COV, ecc.) legati alla presenza dagli occupanti. Inoltre, come si è potuto osservare nel corso della pandemia di Sars-Cov-2, la diffusione di agenti patogeni aerosol dispersi risulta un ulteriore fattore che produce il deterioramento della qualità dell’aria indoor con tutti i rischi sanitari che ciò comporta. Il ricambio dell’aria, perciò, risulta essere un elemento determinante per garantire la salubrità degli ambienti chiusi e questo può avvenire attraverso la ventilazione naturale (aperture degli infissi, presenza di fori di areazione nei muri) oppure attraverso la ventilazione meccanica controllata (VMC). Il principio del ricambio d’aria è quindi elemento determinante per ridurre l’aggressione di agenti patogeni o inquinanti presenti in spazi chiusi.
L’areazione mediante ventilazione naturale comporta però diversi svantaggi:
- Aprire le finestre per almeno 5 minuti ogni ora significa fare entrare aria molto fredda in inverno o molto calda d’estate, dissipando inutilmente energia per il riscaldamento/raffrescamento.
- Inoltre, aprendo le finestre senza che l’aria in entrata non sia preventivamente filtrata, come invece accade utilizzando sistemi di VMC a doppio flusso, questa può essere carica di polveri sottili, pollini, allergeni che ulteriormente rendono l’aria indoor viziata e non salubre.
- La ventilazione riduce la concentrazione degli inquinanti aerodispersi, sia fisico-chimici sia biologici, e permette di controllare la temperatura e l’umidità all’interno degli edifici. Infatti, sono numerosi gli studi che hanno individuato una relazione tra la ventilazione degli spazi confinati e le condizioni di salute delle persone che le abitano.
Quale VMC?
L’impianto di VMC può essere centralizzato o distribuito/decentralizzato
La differenza tra queste due tipologie è essenziale:
- L’impianto di ventilazione centralizzata consente di aggregare i fabbisogni in un unico impianto di generazione ma, per contro, ha bisogno di un sistema di trasporto dell’aria immessa e dell’aria estratta.
- L’impianto di ventilazione distribuita o decentralizzata non ha bisogno di impianti di distribuzione ma richiede l’installazione di un numero di macchine, più piccole rispetto all’impianto centralizzato, pari agli ambienti in cui si deve trattare l’aria.
In estrema sintesi VMC centralizzata o VMC decentralizzata
Il sistema di VMC centralizzato necessita di importanti opere murarie per realizzare le canalizzazioni mentre il sistema di VMC decentralizzato o distribuito è di rapida installazione e non necessita di interventi strutturali.
Dal punto di vista dell’efficacia dei ricambi e dell’efficienza energetica complessiva è sicuramente più idoneo il sistema di ventilazione decentralizzato o distribuito. Questo permette, infatti, di poter agire puntualmente e solo quando ciascun ambiente lo richiede, impiegando energia solo nei luoghi in cui è richiesto e disperdendo, perciò, meno energia termica prodotta dai sistemi di climatizzazione invernale o estiva.
Il sistema di ventilazione meccanica centralizzato, invece, agendo sull’interezza dell’edificio, ricambia l’aria anche dove non necessario (ad esempio superfici temporaneamente non utilizzate) e produce una maggior dispersione dell’energia termica trasportata dall’aria estratta attraverso le tubature di estrazione o di immissione. Oltre ciò gli impianti centralizzati impiegano maggiore energia primaria, a parità di ricambi d’aria, per via delle perdite di carico che si producono nei condotti di distribuzione.
Scarica la guida di confronto tra sistemi di ventilazione
Articolo di Alessandro Miani, Presidente SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale e Professore di Prevenzione Ambientale del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.